Metti che una vecchia conoscenza dell'adolescenza che tu ricordi coi baffi della nutella si intestardisca che vuole cantare, nella vita.
Metti che cresca cresca, diventi grandicello e ci riesca, dopo qualche amena vicissitudine sul grande schermo >> e qualche critica e maldicenza che tutto sommato lo destabilizzano ma non troppo, ché è abituato da sempre alle prese in giro e a scrollarsele di dosso.
Metti che ti faccia presente (perché tu sei svampita e non controlli mai periodicamente certe informazioni), in un qualsiasi pomeriggio di giugno che segue un << inverno un po' pieno di impegni di lavoro, che passerà dalle tue parti a fare serata, in beneficienza poi.
Che fai? Non ci vai? Saresti una sòlaccia infame, oltre che un culo di cemento.
(leggete, ve ne prego, il sarcasmo di questa autocommiserazione)
Ecco quindi il mio sabato scorso.
Le prove, madonna ma quanti ne sò? quei poverini sotto il sole dalla mattina che cantano, li sento da lontano mentre gli altoparlanti fischiano, il signorino cazzeggia e mi sventolo con la fotocopia più grossa che m'è rimasta infilata in fondo alla borsa. Sembro una via di mezzo tra una profuga e una profuga... ssst sono in incognito.
E quelle robe lì, so' luminose, funzionano con... no, non ti seguo o forse tu non me le sai spiegare, forse dovrei chiedere ad un tecnico ma preferisco rimanere un'elfa e incantarmi quando si accenderà la magia.
Sorrisi, battute, api moleste fin sul palco e the freddo al miele come se piovesse.
Un completo (Zegna? hmmm) blu notte che a vederlo schiatto pure io. Cipria, cipria, tanto sudi lo stesso. E che te lo dico a fà!
Sigaretta preparatoria mejo de no, tutti ai posti. Ahò l'esercito è carico, và li striscioni.
Una scaletta che si inceppa, sembrano sbarellati stasera: dimenticano canzoni e le riprendono e lui ci fa anche dell'autoironia. Via quella muta blu, è madido. Pantaloncini e cappellino da pischelletto e così si zompa meglio, no? Però con la barba non sei credibile.
E da quand'è che suoni così?!

E si muove e si dimena e le manda tutte nelle galassie sperdute degli ormoni latenti; gigionissimo, provocatore, ha imparato oramai a imputtanirsi in questo gioco di attese e di lustrini da elargire alle folle. La Maria Antonietta del regno degli elfi distribuisce brioches di ottima qualità con la voce e con i muscoli guizzanti, 'tacci sua. Ogni volta è meglio, ogni volta s'alza il pelo un po' di più. E' la prima volta che mi spatascia davanti tutto il concerto da così vicino, che me lo spoilera prima con navigata saccenza, eppure non c'è niente che tenga tese le mie corde: è sempre lui, magari cresciuto, ma non rovinato. Piange di pianto vero, cardiaco, è un bambino in mezzo al caos che riesce ancora a sentire battiti, vita oltre la spia dell'auricolare.
E si spengono i riflettori ma non è finita. Il mio stomaco vuoto mi fa sapere che ha mangiato così tanta musica e sensazioni positive che sì, vado a cena e continuo a sentirlo sparare una cazzata dietro l'altra e neppure si risparmia sulla voce, come se fosse appena uscito dalla doccia fischiettando, ma quell'insalata mi si strozza in gola dalle risate intanto che lui si scofana anche le gambe dei tavoli. Eddaje non me fà le foto co la bocca piena!
E davanti ad una Marlboro consolatoria ti dico buonanotte. Riposa, ché domani la carovana si rimette in moto. Tieni bene la voce. Tieni bene il cuore, piccoletto.