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Un po' (molto po') di me

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Sono una wannabe-molte cose: giornalista, fotografa, animatrice, interprete, scrittrice, designer. O per meglio dire sono una WANTED TO, visto che ho scelto una carriera da creativa che mi ha portato al niente disoccupazionale. MA sono anche: figlia unica (e assenteista), moglie mutevole; riciclona seriale con tendenza compulsiva all'ammucchio negli angoli, amica leale, tendente alla puntualità cronica e alla lacrima+sigaretta, professionalmente impeccabile. Contraddittoria e mutevole. Cinica e creativa. Stronza, nella maggior parte dei casi.

domenica 12 maggio 2013

regali virtuali

Posso sentirmi abbastanza libera e a casa mia, qui, per dirlo: odio la festa della mamma. C'entra ben poco il fatto che non sarà mai la MIA festa.
Perché quando avevo qualcuno da festeggiare questa ricorrenza mi sembrava forzata, obbligata dal sistema scolastico e da quella patetica sfilza di rosari  pomeridiani che alla fine ti davano la statuina se andavi a tutti e io invece mi beccavo sempre la sfebbrata e per un'assenza a me la statuina non la davano mai, e allora ho imparato a non volerla più. E poi non l'ho davvero più cercata la statuina dell'idolatria infantile coi suoi buoni principi del piffero nascosti dentro.
Perché a me piace festeggiare quando ho lo slancio, anche un mese di seguito se voglio e poi più niente per dei secoli. E anche con mia madre era così: "vedevo" i regalucci per lei perché la sua voce immaginaria mi dirigeva gli occhi verso quel qualcosa, e il giorno non importava niente come non importava niente il rito, ma l'incarto per favore quello sì, sennò sembra che mi dai la spesa da sistemare!, perdici del tempo, divertiti a farlo impossibile da scartare. Quel perdici del tempo che voleva dire divertiti con la carta, coi nastri, attacca la spina al cervello e collega in parallelo mani e vista, crea. Ma', come avrei fatto a dare un senso al caos che avevo in testa se tu non mi avessi dato quei poderosi calci in culo, e mettici voglia che non ti stanno torturando, stai tirando fuori l'arte dal nulla. Ogilvy doveva farti un monumento.

Non ho niente da festeggiare, dicevo. Mia suocera, pur animata con ottime intenzioni (ma ho briciole di dubbi su questa cosa), può anche dimenticarsi a vita che io festeggi lei: ha due figli, ci pensino loro. A me lei non sa di madre, che ci posso fare, mi ha trasmesso poco di materno (verso me e verso i figli) né s'è mai, per fortuna, arrogata alcun diritto nei miei confronti, anzi non perde occasione per rimarcare il confine. Meglio così: non ho bisogno di una madre. Di vice-mamme ne ho, sparse in giro per il mondo, e tutte hanno adottato una parte di me che non funzionava e hanno tentato di aggiustarla; qualcuna ha trovato la connessione giusta e c'è riuscita, altre semplicemente hanno preferito non dovermi snaturare e prendermi così. Gliene sono grata, ringrazio l'assetto divino per averle incontrate. Ma nemmeno loro sono mia madre.

Così pungenti erano gli spigoli della sua dolcezza e così tremolante la sua rabbia, e il rancore dispiaciuto di se stesso. Era così. Incapace di mostrarsi debole di fronte a me, incapace di cedere pure quando era chiaro che fosse l'unica cosa da fare. Ineducata al chiedermi aiuto, calci in culo e guarda avanti, perché dovevo arrivare più in là e non rallentare per stare al suo passo, perché m'avrebbe zavorrato. Va', vola, le ali in qualche modo le abbiamo costruite, e se si rompono magari ti inventi qualche trucco per aggiustarle, magari mi telefoni e vediamo che si può fare. Fantasticamente pragmatica, eppure mi faceva così incazzare, quell'arte di arrangiarsi e di arrangiare tutto con il poco che si aveva e che si sapeva. Sempre a brontolare perché niente intorno a noi era perfetto, eppure sempre con il dettaglio positivo di tutto a portata di mano per sorridere sghemba.

E a distanza di così tanti anni ritrovo nelle mie parole quella sua saggezza che sa di pangrattato urbi et orbi tanto ci sta sempre bene, vedo i miei difetti arrivati fin qui con una lunga bava che riporta ai suoi. Vedo chiaro che quello che le ho sempre rimbrottato l'ho ereditato di tutto punto, e che quello che vorrei diventare somiglia sempre di più a lei alla mia età, un po' a quella reale e un po' a quella dei suoi progetti smontati dalla vita che non le ha fatto mai sconti.
E mi capita qualche rara volta di scontrarmi contro qualcosa e sentire il richiamo del regalo perfetto per quella festa della mamma che capitava a casaccio. Un labbro morso, una mano in tasca a dissimulare l'imbarazzo e via, si continua. Non ho neppure una lapide su cui poggiare dei fiori, ma è meglio così. Grazie, ma'.
Sì, ma', ce l'ho la maglietta che copre i reni. No, non fumo più un pacchetto al giorno. Sì, ce li ho i soldi. Pure quelli nel cellulare. Sì, ci sentiamo dopo. Vado a finire di cucinare. Sì, non esagero con l'olio, va bene. Fammi chiudere che mi si attacca il sugo e poi mi prendi in giro... anzi prendimi in giro quanto vuoi. E' il mio regalo.

4 commenti:

  1. Che parole bellissime. Non c'è altro da dire..

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  2. Io di mia madre ho sempre detto 'da grande non voglio essere come lei', ma mi rendo conto solo adesso di come sia stato difficile per lei essere quello che era e quello che è diventata. Con le tue parole mi hai fatto pensare che forse, alla fin fine, non lo so nemmeno io quanto le voglio bene

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dimmi, dai... anche se devi insultarmi o darmi della cretina...