per capire la portata di quell'evento che un paio di cugini urlanti sbavavano per poter vedere dal vivo unendoci anche il sogno del viaggio a Londra. Per avere i biglietti che altro che paghetta e marciare fin lì a discapito della mamma italica ansiosa e dei primi interrail che facevano fico, ma nella provincia pseudoterrona facevano solo paura a chi doveva darti il nulla osta.
Ma io, dicevo, io ero troppo piccola perfino per uscire in bici da sola oltre il cortile di casa mia. Potevo solo tifare silenziosamente per i cugini e pensare mioddio mioddio se ci riescono loro un giorno ci riuscirò anche io a vedere dal vivo quelli lì che mi riempiono il walkman di musica vera, mica BimBumBam.
E quando l'ho capito sapevo già che non avrei mai più avuto l'occasione di fare quello che i miei cugini quasi riuscirono a fare. Scappando di casa però, nella preistoria senza telefonini che erano gli anni '80. E arrivando a Londra trulli trulli per poi non trovare modo di entrare. Una sfiga che ci ho pianto con tutto il cuore tenero della settenne mollacciosa che ero, anche se ascoltavo i Queen. Una sfiga che per un anno non han visto le chiavi di casa né l'auto, così alla fine siamo stati pari per un po'.