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Un po' (molto po') di me

La mia foto
Sono una wannabe-molte cose: giornalista, fotografa, animatrice, interprete, scrittrice, designer. O per meglio dire sono una WANTED TO, visto che ho scelto una carriera da creativa che mi ha portato al niente disoccupazionale. MA sono anche: figlia unica (e assenteista), moglie mutevole; riciclona seriale con tendenza compulsiva all'ammucchio negli angoli, amica leale, tendente alla puntualità cronica e alla lacrima+sigaretta, professionalmente impeccabile. Contraddittoria e mutevole. Cinica e creativa. Stronza, nella maggior parte dei casi.

giovedì 30 aprile 2009

Aggiorniamoci

Forse ci siamo.

Incrociate le dita e tutto l'incrociabile!

Si accettano anche riti voodoo, bamboline, candele e ceri, macumbe, calderoni pieni di zampe di rospo e unghie di pisitrello...

venerdì 24 aprile 2009

Meanwhile


Il pc mi sta mandando a quel paese, o in alternativa ad un tour guidato di una meta lontana, che tocchi vari paesi.
10 gg di curricula a tappeto per tutta la provincia. Invia mail, scrivi lettera di presentazione. Stampa, imbusta, indirizza, lecca il bollo. Non ho l'auto, non conosco la zona, ma porcacciazzozza, mi sposto coi mezzi verso la mia libertà.
Ed ora impagino l'abstract dei miei lavori: la prossima settimana ho ben DUE colloqui per il MIO settore.



Sapete, dire MIO mi gonfia. Non è un call center, non è un interinale, un supermarket, un corriere. E' il MIO lavoro, quello per cui ho studiato 10 anni e fatto pratica per 4, quello in cui ho buttato i miei risparmi e quelli dei miei genitori, le mie aspirazioni e le loro speranze. E' tutto quello che voglio dalla Giustizia Divina. So fare di tutto, ma questo è quello che vorrei. Sono io. (lo so che non si dice mai "io sono il mio lavoro" ma nel mio caso è quanto di più somigliante a me io possa trovare).
Ecco perchè mi do 3 mesi di tempo per cercare qui dove sguazzo, prima di rassegnarmi e scaldare la sedia di qualche ufficio pur di portare a casa e nelle mie tasche il prezzo della libertà.



Intanto ho mandato Lui a fare la spesa, sì, perchè stasera il MaritoCazzone pretende qualcosa di preciso x cena e la mia ottimizzazione del tempo è fondamentale per accontentarlo e farlo stare buonino nei limiti - non sono così masochista da chiamarmi addosso i lividi eh... 
Quindi dopo aver ottenuto un piccolo anticipo sulla quota-felicità prevista per me, l'ho spedito al super e speriamo torni con tutte le buste intere. E' quasi un assaggio di vita quotidiana, questo: sto imparando a farmi colonizzare da Lui, a concederci piccoli spezzoni di normalità. Mi piace.



Aggiornamento da sms: "T'ho preso una cosa fuori lista: lo yogurt alla vaniglia. Non pensare alle calorie, ti meriti questa piccola coccola oggi".
Ditemi: come posso non rinunciare ad una solidità economica piatta e indigesta, di fronte ad uno yogurt ed al Suo amore?

martedì 14 aprile 2009

Ora basta!


Pasqua passata di merda, se qualcuno se lo stesse chiedendo.

Sono tornate le botte.



E allora via, non più sognare di fare le valigie ma fare qualcosa di concreto per potermelo permettere.

Via, a cercare un nuovo lavoro, che mi consenta di andarmene senza dover chiedere l'elemosina. Anche se vuol dire trovare qualcosa di molto meno prestigioso di quello che faccio ora (prestigioso sulla carta, ma in perdita). Anche se sarà un monolocale, scatolette tutti i giorni e bussare dai miei se si romperà lo scaldabagno. Qualsiasi cosa è meglio di questa merda.



Non conosco le stime su quanti mesi ci vogliono per trovare un lavoro se sei donna, 30enne, quasi separata e con curriculum inesistente... nemmeno voglio saperlo, a questo punto. Mi butto, e ad ogni squillo del cellulare sentirò speranza di riuscire a prendere una boccata d'aria.

Perchè qui mi sembra di soffocare. NO: forse soffoco davvero.

giovedì 9 aprile 2009

Dinamite


Parlavo al telefono con Lui, una frase semplice buttata lì: "E mia mamma..." "ecco appunto, tua mamma come sta?"
Bloccata, di sale.


Quella non è sua mamma, è sua Madre. Quella parola lì non posso usarla per qualcuna che non ha lo stesso sapore, la stessa voce, lo stesso sangue della mamma, che è la mia, solo la mia, ovunque possa essere ora.

E mi sono resa conto che sono quasi 4 anni che non dico più quella parola, che le madri degli altri sono madri e basta. E' la parola più dolce del mondo, la prima, la più naturale, quella che prima di riempire la voce scalda il cuore. L'ho ripetuta miliardi di volte al telefono sotterrando chilometri, l'ho balbettata a pochi millimetri dal suo orecchio già attutito dalla malattia, l'ho gridato in una notte in cui la luna s'era affrettata a nascondersi per non essere tirata giù a mano. Poi mai più. Per nessuno. Nemmeno per babbo. Nessuno l'ha più sentita dalla mia bocca, solo il silenzio della cornice della finestra, quando di notte macino sigarette insonnia e pianto cercando di parlarle, cercando di captare risposte con i radar malmessi che ho in dotazione.

La forza delle parole, il significato che gli diamo, la carica dinamitarda che fermenta internamente senza darne segno, finchè agitate ci esplodono tra le mani. Ho delle parole che non voglio usare, come birilli di uno slalom da aggirare accuratamente. Questa no, non voglio evitarla. Il cielo sa quanto vorrei dirla, ogni santo giorno, ovunque, a tutte le ore. O forse no, forse mi basterebbe una sola volta, quella volta che non esiste. Però non riesco, e mi manca il suo suono dolce e cantilenante.

Sono un'orfana della parola più bella del mondo.